«Black Market» può essere considerato non solo un’opera di transizione, ma anche un indicatore di marcia nell’ambito del jazz elettrico della seconda metà del Novecento.
// di Francesco Cataldo Verrina //
«Black Market», il sesto album in studio dei Weather Report, rappresenta un momento cruciale nella storia del gruppo, segnando non solo un cambio nella sezione ritmica con l’introduzione del basso fretless di Jaco Pastorius, ma anche un’evoluzione sonora e stilistica che avrebbe influenzato il jazz contemporaneo. Pubblicato nel marzo del 1976, l’album offre una miscela di compostezza melodica e complessità ritmica, quale marchio distintivo del gruppo, anticipando il successo del follow-up, Heavy Weather (1977), a consolidamento del ruolo di Zawinul e soci, quali pionieri della fusion jazz.
Il progetto si sviluppò in un contesto di transizione: Alphonso Johnson, basso tradizionale, aveva già annunciato la sua partenza per unirsi a Billy Cobham e George Duke, pur contribuendo alla registrazione di cinque brani. Tra questi figurano pezzi iconici come «Gibraltar», «Elegant People» e «Three Clowns», che evidenziano la telepatica interazione compositiva tra i membri del gruppo. «Hernandu», una sperimentazione in 11/4, a firma di Johnson sancisce la sua attitudine a fondere differenti lemmi sonori. Dal canto suo, Jaco Pastorius ha avuto un impatto straordinario sul jazz e sul ruolo del basso elettrico all’interno della musica contemporanea. Con la sua padronanza del basso fretless, ha ridefinito il concetto di espressività sonora, trasformando lo strumento da semplice fautore dell’accompagnamento ritmico ad elemento solistico capace di articolare fraseggi complessi ed accordi che superavano la tradizionali strutture sequenziate e prevedibili. La tecnica innovativa, caratterizzata dall’uso di armonici naturali e dalla combinazione di linee melodiche e groove particolarmente incisivi e taglienti, ha influenzato generazioni di succedanei. Il suo contributo ai Weather Report, a partire proprio da Black Market, ha determinato una virata decisiva nell’ambito della fusion jazz, introducendo un approccio più cinetico ed articolato alla composizione e all’arrangiamento. Oltre alla rivoluzione tecnica, Pastorius ha contribuito alla concezione del basso come strumento leader, finalizzato ad interagire attivamente con le strutture compositive ed a guidare l’evoluzione armonica dell’impianto sonoro complessivo.
La title-track «Black Market», frutto della penna di Joe Zawinul, nasce dalla collaborazione sinergica tra arrangiamenti complessi e l’introduzione, per la prima volta nel sound dei Weather Report, di Jaco Pastorius che cattura immediatamente l’attenzione con un groove esotico elaborato dal basso fretless, mentre la fusione tra strumenti a fiato e tastiere emana un’atmosfera vivace e trascinante. «Cannonball», un omaggio struggente e progressivo da parte del pianista all’amico e mentore Cannonball Adderley, fissa inattese regole d’ingaggio in riferimento al bassista, fino ad allora considerato uno attore di seconda linea. La predisposizione di Jaco nel mescolare groove funkified stabilì alcuni punti di ancoraggio che avrebbe rivoluzionato la percezione dello strumento a corde in ambito jazzistico. In «Gibraltar», scritto da Wayne Shorter, la sezione fiati domina con melodie flessuose ed afrologiche, nonché ritmi serrati dall’imprinting quasi tribale, evidenziando la coesione straordinaria tra i membri della band. «Elegant People», raffinata e fluida, sempre a firma Shorter, è caratterizzata da una gratificante interazione tra sassofono e tastiere elevando tasso di sensibilità melodica del gruppo. In «Three Clowns», più sperimentale e introspettiva, la struttura armonica lascia spazio a momenti di improvvisazione più dilatata, mentre il line-up gioca con sonorità più arcane e sfilacciate, emanando un’atmosfera quasi cinematografica. «Barbary Coast», farina del sacco di Jaco Pastorius è una una mescola di groove funky con inserti melodici ipnotizzanti, in cui il basso fretless assume un ruolo centrale, evidenziandone l’impatto rivoluzionario. «Hernandu», scritta da Alphonso Johnson, porta in auge il desiderio della band di misurarsi con metriche complesse pur mantenendo fluidità , musicalità ed appetibilità melodica.
L’album è un esempio di amalgamante interazione tra il pianoforte di Zawinul ed i sassofoni di Wayne Shorter, le cui progressioni s’imbattono e si sovrappongono per sagomare texture propedeutica ad un’improvvisazione jazzistica di alta scuola. L’aura metropolitana innescata dagli slap di Pastorius, certificano come il modus operandi del bassista fosse perfettamente allineato agli assunti basilare dell’organico. «Black Market» fu registrato ai Devonshire Sound Studios di North Hollywood usufruendo della versatilità di due batteristi: Narada Michael Walden, – presente nell’opener «Cannonball» e nella title-track – e Chester Thompson, il quale supportò il resto dei componimenti. Il contributo dei percussionisti peruviani, Alex Acuna e Don Alias, corroborò ulteriormente l’impianto ritmico dell’album, integrando elementi culturali latini in un vibrante affresco sonoro collettivo. In definitiva, «Black Market» non solo fissò un punto di svolta per i Weather Report, ma decretò l’inizio di una nuova era per la fusion jazz, dove il virtuosismo di Pastorius esplose come catalizzatore per l’innovazione. Il tour che seguì l’uscita dell’album vide la band riprendere fiato, rivelando la capacità del nuova compagine di riadattarsi e reinventarsi. In questo senso, «Black Market» può essere considerato non solo un’opera di transizione, ma anche un indicatore di marcia nell’ambito del jazz elettrico della seconda metà del Novecento.
