…un caleidoscopio dai colori tenui che, dal profondo, si elevano dipanandosi in tante direzioni come un dispenser di emozioni a getto continuo, quasi un’esperienza olistica, in cui l’ascolto si presta a percezioni molteplici.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Già al suo esordio da band-leader, il pianista Francesco Schepisi mette in evidenza la propria tempra compositiva ed esecutiva con un lavoro maturo e ben organizzato, sia nelle partiture che nella scelta di un line-up (a rotazione) di altissimo livello strumentale, oltremodo locupletato dalla presenza in due tracce del trombettista e flicornista Michael Rodriguez. «Elevation» di Francesco Schepisi, pubblicato dalla Abeat For Jazz, è un caleidoscopio dai colori tenui che, dal profondo, si elevano dipanandosi in tante direzioni come un dispenser di emozioni a getto continuo, quasi un’esperienza olistica, in cui l’ascolto si presta a percezioni molteplici. Le parole di Francesco risultano assai eloquenti: «Un’idea, una melodia, un passaggio armonico. Frammenti di suono che prendono forma, si uniscono, si intrecciano, si allargano, si separano, si plasmano secondo una dinamica che vede cuore e intelletto fondersi nel processo di scrittura. L’iniziale scintilla creativa, seppur nella sua apparente e autonoma purezza, definisce il proprio significato solo attraverso un incontro con lo strumento. Le sensazioni incontrano i tasti del pianoforte. A questo punto i suoni ti guidano, suggeriscono, ora ti avvolgono, ora ti ostacolano… per dar vita a una musica che sia esteticamente in linea col tuo io interiore».
Melodie intensamente evocative, a tratti nostalgiche, nonché coperte da un uno spesso strato emotivo, si fanno breccia fra paesaggi onirici e nuances impressionistiche dettate da potenti innesti improvvisativi. L’album si apre con «Il Sentiero», una camminata introspettiva dall’ambientazione brunita e crepuscolare, seguita da «Ridgewood» che, con le sue tinte autunnali, sembra descrivere un paesaggio appena bagnato da una pioggia, quale presagio, all’orizzonte, di un temporale di sonorità, mentre il cambio di mood determina, in progressione, un crescendo rapsodico, per poi inabissarsi lentamente in una narrazione quasi sospesa e dilatata. «Pensiero mite» s’irradia come una riflessione, quasi intima al chiaro di luna, in cui il piano di Schepisi trova il sostegno della tromba di Michael Rodriguez, il quale aggiunge avviluppanti cromatismi all’impianto melodico e ne rafforza gli argini. La title-track, «Elevation», è quasi un ponte della breve durata di un minuto, un angolo di decompressione meditativa che sopraggiunge come una lieve ventata. Le parole del pianista ci vengono in soccorso: «Ogni scelta presa, ogni tassello, è frutto di una costruzione più o meno intellettiva, volta a preservare il significato emotivo, lungo un perfetto equilibrio fra quello che mi piace ricondurre allo spirito apollineo e dionisiaco di nietzscheana memoria. Tale approccio alla scrittura nasce da una nuova visione musicale e di vita che ho sperimentato a partire dalla fine dell’anno 2015».
«Feeling Unreal» vede l’entrata in scena del sax alto di Vincenzo Di Gioia, il quale ricama la melodia del tema annunciato dal band-leader, per poi cedere nuovamente il compito della narrazione al piano, fino al successivo cambio di passo, segnato dalla batteria di Vito Tenzone, momento in cui il contralto inizia a giocare su linee trasversali con un’improvvisazione decisa ed assertiva. «La mia terra lontana», in cui fa capolino il flicorno di Michael Rodriguez, si tinge di languori nostalgici impiantati in un humus quasi retrò. «The Raven That Refused To Sing», letteralmente «Il corvo che si rifiutava di cantare», implementata dal violoncello di Giovanni Astorino assume i contorni di una ballata dai sentori classicheggianti. Con «Baby Fly» si ritorna all’assetto classico del piano trio con Antonello Losacco al basso e Gianlivio Liberti alla batteria, in cui il triunvirato se la gioca in scioltezza. «Nature» è un costrutto dal forte impatto melodico, dall’incedere quasi cinematografico e descrittivo, innervato, a tratti, dalla suadente vocalità di Samantha Spinazzola. Come sostiene lo stesso Schepisi: «Non ho voluto sacrificare il contributo di quella versione di me meno consapevole e più immediata. É cosi che ho voluto inserire un brano come «Nature», scritto di getto intorno ai sedici anni e suonato nella sua versione di allora, senza particolari rimaneggiamenti. Di un periodo immediatamente precedente alla registrazione dell’album è, invece, «Feeling Unreal», brano che più di tutti spinge con forza, verso il contrasto fra ordine e caos». «Prelude To A Kiss» è una struggente ballata, calata in un’ambientazione caliginosa e notturna, in cui il canto della Spinazzola trova nel comping pianistico un alleato d’eccezione. In chiusura «Letting Go», un finale soffuso, dove piccole particelle sonore si addensano lentamente per dare vita alle innumerevoli suggestioni di una melodia languida e pungente. In fondo, come afferma l’attore protagonista del progetto: «Ciascuna traccia di questo disco coinvolge ed esplora parti diverse della mia interiorità, le descrive, le destruttura e le riconsegna in musica. Un viaggio di crescita personale, lungo sentieri di cambiamenti, sofferenze, rinascite… alla scoperta di se stessi».
