Ellington dedicò particolare attenzione a «The Queen’s Suite», che alla fine si attenne strettamente al suo schizzo originale. I sei episodi che la compongono sono ispirati a fenomeni naturali nei quali Duke si era imbattuto durante i suoi viaggi all’estero…

// Francesco Cataldo Verrina //

Nel 1958, in occasione di un festival musicale nello Yorkshire, Duke Ellington fu presentato alla Regina Elisabetta. I due si fermarono per qualche minuto nei pressi della reception della sala municipale, scambiandosi i convenevoli secondo il protocollo reale; il musicista si rivolse con garbo aristocratico (da Duke a Queen) a Sua Maestà, manifestandole tutta la propria ammirazione. L’evento era stato indetto da George Lacelles, conte di Harwood e cugino della regina Elisabetta II, il quale, quando divenne direttore musicale del Leeds Music Festival nel 1958, volle fare del centenario un evento aristocratico e di rilievo con il coinvolgimento dei regnanti. La sovrana, per impegni già fissati precedentemente in agenda, non potette assistere agli spettacoli, ma il consorte, Principe Filippo, partecipò al concerto del pomeriggio, arrivando in ritardo e senza preavviso per non dare nell’occhio. Più tardi, la sera stessa, Duke fu invitato a partecipare, insieme ad altri illustri interpreti, esecutori e compositori presenti al festival, al party di ringraziamento organizzato del sindaco presso la Leeds Civic Hall. Poco dopo, forse quella stessa sera, Ellington abbozzò i movimenti di «The Queen’s Suite», registrandola con la sua orchestra l’anno successivo e stampandone una sola copia su un acetato, quindi la inviò alla sovrana rifiutandosi di renderla pubblica. Forse in cuor suo aspettava un feedback da parte della regina. Questo non accadde mai durante la sua vita terrena. Nel 1976, due anni dopo la morte del compositore, l’etichetta Pablo di Norman Granz pubblicò un LP intitolato «The Ellington Suites», contenente tre composizioni estese rimaste inedite: «The Queen’s Suite», «The Goutelas Suite» e «The UWIS Suite», tutte nate da suggestioni, immagini e ricordi legati a persone incontrate o luoghi conosciuti da Ellington durante le tournée internazionali. Non è dato di sapere, però, se la Regina Elisabetta abbia mai ascoltato la suite a lei dedicata.

Ellington dedicò particolare attenzione a «The Queen’s Suite», che alla fine si attenne strettamente al suo schizzo originale. I sei episodi che la compongono sono ispirati a fenomeni naturali nei quali egli si era imbattuto durante i suoi viaggi all’estero: il canto degli uccelli di due continenti riportati in «Sunset And The Mocking Bird», con la partecipazione del clarinettista Jimmy Hamilton, si basa su un richiamo udito da Ellington in Florida; mentre l’aurora boreale vista dal ciglio di una strada canadese e un balletto di centinaia di insetti fulminati, accompagnati da un coro di rane toro, lungo il fiume Ohio, sono presenti in «Lightning Bugs And Frogs». Billy Strayhorn, alter ego di Ellington, non era presente quella sera, ma compose la suite delle rane e degli insetti sulla base della descrizione e delle suggestioni offerte dal racconto di Ellington. Le suite che Duke Ellington scrisse con Billy Strayhorn erano a volte vagamente legate tra loro. La «The Queen’s Suite» è unificata dall’uso prominente dei clarinetti, la cui «legnosità» rafforza il tema della natura. Ellington ricollega al soggetto reale il movimento «Apes and Peacocks» presente in nella nuova edizione di «The Ellington Suites». Scimmie pavoni comparivano sovente fra i tributi annuali conferiti al Re Salomone nella Bibbia, meraviglie naturali offerte per la gioia di un monarca illuminato. La Suite fu incisa negli studi della Columbia, a New York, il 25 febbraio, il 1° e il 14 aprile del 1959, con Johnny Hodges (sassofono contralto), Russell Procope (sassofono contralto e clarinetto), Jimmy Hamilton (sassofono tenore e clarinetto), Paul Gonsalves (sassofono tenore), Harry Carney (sassofono baritono, clarinetto basso e clarinetto), Clark Terry, Cat Anderson, Shorty Baker, Ray Nance (trombe), Britt Woodman (trombone), John Sanders (trombone a pistoni), Quentin Jackson (trombone), Duke Ellington (pianoforte), Jimmy Woode (contrabbasso), Jimmy Johnson (batteria).

La «Goutelas Suite», che fu registrata, nel 1971, dopo la scomparsa di Strayhorn, ricordava una cerimonia, a cui Ellington aveva partecipato anni prima, durante la quale era stata inaugurata l’ala restaurata di un castello medievale sulle colline francesi. In un diario, Ellington scrisse di come gli aristocratici e i popolani della campagna, gli intellettuali, gli artigiani e gli operai, i cattolici e i comunisti si fossero uniti per buona riuscita del progetto. Il concetto orchestrale di Ellington si basava su un’idea simile, a ciò che aveva appreso da ragazzo frequentando una sala da biliardo a Washington: «Tutti i livelli potevano e dovevano mescolarsi». «The Ellington Suites» contiene anche la «The Uwis Suite» del 1972, composta per un festival dell’Università del Wisconsin.

La suite viene ricordata anche per una polka inedita, «Klop», ma include «Loco Madi», l’ultima delle molte composizioni legate al treno e registrate da Ellington, perpetuando una tradizione inaugurata in una lontana sessione del 1924. Il climax dell’interesse per il suono dei treni fu raggiunto con «Daybreak Express». Nel 1933, Duke Ellington mise in musica il suono di un convoglio ferroviario, realizzando con la sua orchestra di quattordici elementi una varietà di ritmi e colorazioni armoniche travolgenti. Il treno venne descritto non solo dalle percussioni, imitando in modo verosimile il rumore della locomotiva, ma anche da arguti procedimenti musicali. Il brano parte lentamente con una frase di quattro note che sale cromaticamente, accelerando, mentre anche gli accordi crescono di un semitono. Tutto ciò produce l’effetto di una serie di vagoni che sferragliano sui binari. Il treno raggiunge la piena velocità con le rapide volate dei sassofoni e l’assolo di tromba, cui rispondono compatti tutti gli ottoni. Qualche anno più tardi, un altro treno fu magnificato da Duke Ellington, quello della linea A che collegava Harlem a Brooklyn, attraverso «Take The A Train», uno dei più celebri componimenti eseguiti non solo dell’orchestra di Duke ma da tutto l’universo jazzistico. Un nuovo lavoro di post-produzione ed un differente montaggio ci regalano altri tre minuti prima del fadeout. Nell’album è presente anche una composizione inedita fissata su nastro nel corso della sessione di Uwis, pur non facendone parte: «The Kiss», che come «Loco Madi», si caratterizza per l’aggiunta del basso elettrico alla sezione ritmica. Nessuna di queste esecuzioni rappresenta un paradigma esemplare di pulizia, perfezione o di equilibrio dell’ensemble. Ciononostante, tutto l’Ellington postumo risulta interessante, anche per via di qualche concessione dovuto ai tempi che stavano mutando – si pensi all’introduzione del basso elettrico, di cui sopra – nonché di qualche cedimento verso i nuovi dettami del jazz moderno, di cui il compositore sentiva il peso ed il condizionamento.

Duke Ellington Orchestra