// di Francesco Cataldo Verrina //
Un disco elegante nella forma e nella sostanza, un beau refuge, un ascolto quasi vegano per sfuggire ai fragori iperproteici della quotidianità e agli eccessi dell’era Web 4.0.
La chitarra è uno strumento unificatore che taglia trasversalmente le vari tradizioni sonore, soprattutto quelle del Sud del mondo o dei tanti mondi del Sud, che sembrerebbero avere tutte molte affinità e radici profonde nella cultura popolare dei luoghi in cui si sviluppano. Nell’universo ispanico-latina la chitarra acustica ha avuto un ruolo da sempre privilegiato nella narrazione. In alcuni generi, come il flamenco, le corde diventano l’essenza stessa del ritmo, facendo emergere calore, sofferenza, gioia e vitalità al contempo. Siamo lontani dal jazz, anche se in taluni frangenti, nelle pieghe di «Isabél» di Michele Liso, edito da Dodicilune, si annidano piccoli sentori della musica di Al Di Meola, il quale riusciva a creare un ponte fra jazz ed atmosfere ispaniche. Non è difficile, altresì, ravvisare qualche stilla del Chick Corea più spanish. In fondo, sono solo delle suggestioni: la musica del chitarrista pugliese segue delle coordinate ben precisa, senza ostentati polimorfismi tentacolari.
Musicista di formazione classica, Michele Liso si è specializzato a Siviglia in chitarra flamenca, vincendo numerosi premi nazionali e internazionali. Nel tempo ha, però, modulato uno stile personalissimo, sia in ambito esecutivo che compositivo, sulla scorta di un’immaginaria conurbazione tra il mondo accademico della chitarra classica e la galassia della chitarra «popolare» di origine sudamericana e spagnola. Le sue parole in proposito risultano alquanto eloquenti: «L’idea che ruota intorno a «Isabèl» nasce nel 2018 da un’esigenza compositiva che affonda le radici nel mio passato. Ho una formazione classica, da cui però mi sono lentamente distanziato, sentendo il bisogno di esprimere un mio personale modo di suonare. Questa esigenza mi ha portato ad approfondire il sound della musica sudamericana e spagnola, terre in cui la chitarra è uno degli strumenti fondamentali. L’obiettivo di questo primo progetto è creare un collegamento tra la chitarra classica e la chitarra popolare tout court, capace di far emergere contemporaneamente i punti di forza della prassi chitarristica e della ritmicità popolare». In questo suo esordio discografico, imperniato su dieci brani originali, di cui uno scritto a quattro mani con la violinista Giulia Gentile, il musicista andriese è accompagnato da Gabriel Prado cori e percussioni, Giulia Gentile cori e violino e Railton Sales De Oliveira percussioni. Il leit-motiv del concept è rappresentato della figura materna, a cui l’album è dedicato: «Il titolo dell’album è un omaggio e un regalo a mia madre pianista. – Racconta Liso – Il significato che la musica ha per me è quindi intimamente connesso alla sua figura. I brani del disco risentono di una grande influenza classica, ma al contempo sono aperti al mondo ritmico e virtuoso del flamenco e dei generi sudamericani. Se nel nome Isabella c’è la radice classica, in Isabèl vedo uno slancio dal mondo classico verso il poliedrico universo del flamenco, della musica sudamericana e popolare. «È come se avessi voluto rappresentare la metamorfosi che l’immagine interiore di mia madre, nonché della musica, ha subìto e continua a subire»
Il disco si apre con «Entropia» in cui, partendo da concetto fisico di caos e disordine, Liso sviluppa una struttura melodico-armonica influenzata da uno studio pianistico effettuato su «The Crave» di Jelly Roll Morton, pur mantenendo un approccio più vicino alla tradizione eurodotta. «Samba De Luna» è in periscopio puntato su le vivaci tinte di un Brasile, un movimento flessuoso magnificato dalle percussioni di Gabriel Prado e dal magistrale tocco di Toni Oliveira. «Nina Caprichosa» ha le sembianze di una danza giocosa e scanzonata, dal sapore antico che fa pensare ad un rito collettivo. «Tarantella» si sostanzia come un componimento dal sapore ancestrale, un ponte immaginario ed immaginifico fra la Puglia e le terre del Nord, in cui si assiepano e s’intersecano suggestioni molteplici. «Viajero» è un flamenco distillato in purezza su un tema che cresce e si espande in un intreccio di sentimenti passionali, senza mai perdere l’afflato melodico. In «Hera» emergono i cori che evocano un’antica divinità greca, la cosiddetta dea madre. L’atmosfera scaturisce però da un struttura tipica della buleria flamenca che emana un’atmosfera quasi descrittiva e cinematografica. «Jardin de Moreras» è un componimento dall’aura bucolica, in cui le note sembrano descrivere i movimenti della natura, tra frutti, alberi, foglie e fiori profumati. «Creta» incornicia un quadro pittorico, fatto di trame cromatiche attenuate, tese a descrivere il vento, il mare ed i sorrisi della gente. «Per un amico» è un inno all’amicizia tout-court, ma nello specifico rappresenta un omaggio al Maestro, Vicente Amigo, compositore e chitarrista flamenco. «Sonatina Romantica» è l’eremo dell’amore, una piccola ode dedicata alla donna amata, un poesia in musica declinata fra le note struggenti della chitarra. «Isabél» di Michele Liso è un disco elegante nella forma e nella sostanza, un beau refuge, un ascolto quasi vegano per sfuggire ai fragori musicali, iperproteici e supervitaminizzati, della quotidianità, nonché agli eccessi dell’era Web 4.0.
