Il «vecchio» ed il «nuovo» trovano presto il loro break-even-point amalgamandosi perfettamente in un mix fitto di cromatismi e di suggestioni.

// di Francesco Cataldo Verrina //

L’origine del mandolino si colloca nella prima metà del XVII secolo ed ebbe una larga diffusione e una evoluzione fuori dalla penisola italica, tra il 1880 e il 1930, quando vi fu una dilagante emigrazione, specie di connazionali meridionali, verso le Amerindie. È rilevante ricordare come il mandolino abbia suscitato nei secoli l’interesse di molti pittori facendo capolino nell’opere di Caravaggio, Paul Gauguin, Camille Corot, Pablo Picasso, Fernando Botero e tanti altri. Sovente legato alla tradizione napoletana, il mandolino è stato, nel corso dei decenni, ricontestualizzato all’interno dei generi musicali più disparati mantenendo il suo carattere evocativo e fortemente concatenato alla melodia. In ambito jazzistico non è mai stato uno strumento principe ma all’uopo riesce ad integrarsi perfettamente in quel dato contesto ritmico-armonico sviluppando un’aura di piacevole ieraticità: «Jazz Mandoit» di Kriss Corradetti, edito da PlayCab, ne è una dimostrazione lampante.

In una recente intervista a Doppio Jazz, Corradetti dice: «Questo album è una sorta di rinascita, un «nuovo primo atto», per così dire, della mia carriera musicale. Il fascino di un suono così spiccatamente italiano mi ha conquistato e mi ha spinto a intraprendere questo nuovo percorso musicale e artistico, nella speranza di poter dare a questo strumento meraviglioso e alle sue caratteristiche espressive l’attenzione che merita, attenzione di cui gode per lo più nella musica classica e in quella napoletana». Pur non sentendosi un jazzista in piena regola, definendosi musicalmente onnivoro, il mandolinista riesce a creare un habitat sonoro che si snoda tra swing, elementi territoriali ed atmosfere classiche, perfino cinematografiche, a cui un mood tipicamente jazz fa da raccordo e da collante. Conferma Corradetti: «L’intento è stato quello di esaltare la voce dello strumento italiano per eccellenza all’interno dei territori sonori dello swing e del jazz, come già avviene da tempo in altri Paesi. «Jazzmandoit» comprende nove tracce originali di mia composizione e cinque tributi a brani famosi della musica italiana, scelti per la loro peculiare consonanza con il linguaggio degli arrangiamenti e con lo stile generale del disco, con uno sguardo particolare alla musica swing scritta nel nostro Paese durante il periodo compreso tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta del secolo scorso.».

L’album sviluppa sin dalle prime battute una sensazione di gioia intima, ben esternata dal quartetto guidato da Kriss Corradetti mandolino e chitarra slide, Giacomo Lelli flauto, Emanuele Di Teodoro contrabbasso e Massimo Manzi batteria. Nelle quattordici composizioni eseguite il quartetto si muove su due direttrici di marcia che finiscono presto per convergere. Il «vecchio» ed il «nuovo» trovano presto il loro break-even-point amalgamandosi perfettamente in un mix fitto di cromatismi e suggestioni: da una parte la scelta è caduta sulla riscrittura per mandolino di brani storici della musica italiana, composti, per esempio, da Nino Rota come «Amarcord» che mantiene la sua consistenza cinematica, sia pur calato in una dimensione più solare e mediterranea, «Il giovanotto matto» di Lelio Luttazzi, riproposto in maniera scanzonata e con un filo di ironia, «Mille lire al mese» di Carlo Innocenzi riconfezionato ed avvolto in un involucro festante a dal sapore manouche, per non parlare di «E cerca e me capì» di Pino Daniele esaltato in tutta la sua magnificenza melodicaoppure «Libertango», famoso componimento di Astor Piazzolla, quale omaggio a Tullio De Piscopo che suonò la batteria in quella edizione; dall’altra le composizioni originali immerse nel medesimo humus creativo, le quali sembrano ricostruire una dimensione che le lega alla perle del passato ma con una proiezione diretta alla contemporaneità. Così brani come «Blues 4 Two», diventano un hub di collegamento perfetto, magnificato dalla chitarra resofonica, bagnato nelle limacciose acque del Mississippi e con l’intento di intercettare alcuni stilemi tipici della tradizione afro-americana. Alla medesima stregua, si adattano al costrutto complessivo la swingante «Garrison» e la flautata «Morrigan Blues». «Facircus» è una veloce e breve endovena, a metà strada tra una tarantella e un gioco di corde di tipo manouche. In chiusura, «Bambina con le ali» un struggente ballata dal vago sapore retrò. A conti fatti, «Jazz Mandoit» di Kriss Corradetti è variopinto arazzo di melodie, ricco di spunti e contrappunti, una corda tesa tra mondi possibili ed universi immaginari.

Kriss Corradetti