L’assenza del basso consente alla chitarra ed al sax lunghe involate e digressioni, talvolta scarne, dai contrafforti psichedelici e ricche di un’energia viscerale e palpabile, mentre la batteria funge da vasodilatatore dello spettro ritmico, compensando a tratti la mancanza del cordofono in retroguardia.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Il progetto Hackout! vede come protagonista un sinergico tridente veneto-emiliano che esplora un jazz ispido e trasversale, ma dal ricco corredo cromosomico sul versante compositivo. L’album «Cortado», edito dalla Caligola Records, sul piano espositivo, permette ai tre soci in affari, l’altosassofonista Manuel Caliumi, il chitarrista Luca Zennaro ed il batterista Riccardo Cocetti, di muoversi liberamente in un habitat al limite del free-form, minimale ed eterodiretto. L’assenza del basso consente alla chitarra ed al sax lunghe involate e digressioni, talvolta scarne, dai contrafforti psichedelici e ricche di un’energia viscerale e palpabile, mentre la batteria funge da vasodilatatore dello spettro ritmico, compensando a tratti la mancanza del cordofono in retroguardia.
Il sax di Manuel Caliumi sembra imbastire trame insolite, ben rifinite sugli orli e sugli estremi dalla chitarra di Zennaro e trapuntate dal kit percussivo di Cocetti, attraverso un interplay dinamico e rigenerativo, che si rinnova perpetuamente con regole d’ingaggio mutevoli, non assumendo mai atteggiamenti troppo gerarchizzati all’interno del trio, dove uno vale uno ed il risultato finale è pressoché superiore alla somma dei singoli attanti sulla scena. A quattro anni di distanza dall’album d’esordio, «Cedrus Libani», pubblicato dall’etichetta inglese Slam, e ad un anno e mezzo da «Sad Music For Happy Elevators», disco live uscito per Caligola, «Cortado» è il frutto succoso dell’esperienza maturata durante un lungo soggiorno in Spagna. Alcuni titoli, come la stessa title-track, «Cortado», che in italiano significa «Tagliato», ne sono una dimostrazione lampante. Tutto il materiale eseguito è farina del loro sacco. I tre sodali si sono misurati sul terreno compositivo in maniera sinergica e compatta, a sei mani o singolarmente. Sebbene i brani firmati da Caliumi non siano preponderanti, il sassofonista assume la carica di leader in pectore e di portavoce, tanto che il costrutto sonoro viene modellato e sagomato in una dimensione leggibilmente inter pares, senza sbilanciamenti o eccessi da parte dei tre contraenti: ciascuno di essi mette a dimore il proprio seme fecondo che diventa sistematicamente funzionale all’impianto creativo dell’album. A conti fatti, Hackout! Trio è come una pianta prolifica nata dalla combinazione transgenica degli elementi costitutivi. Le parole di Caliumi risultano alquanto eloquenti: «Abbiamo riferimenti musicali molto diversi e la musica ne risente. Ci sono momenti molto liberi, altri composti e influenze che includono anche il rock. In tutti nostri lavori ci sono alcuni brani composti dai singoli che vengono però arrangiati collettivamente; altri ancora sono sviluppati dall’inizio alla fine in modo collettivo. Ricordo che a Madrid avevamo una saletta dove provavamo tutti i giorni e si concepivano i brani partendo da zero. È interessante lavorare con Luca e Riccardo perché con i nostri differenti background cerchiamo di muoverci in una scrittura diversa da quella tradizionale sperimentando timbriche, spazi, equilibri tra scrittura e improvvisazione radicale, oppure tra suoni acustici ed elettrici: mentre sax e batteria sono esclusivamente acustici, Luca è un chitarrista elettrico e spinge in quella direzione».
L’album si apre avvolto da un’aura di sospensione spazio-temporale con la title-track, «Cortado», il cui costrutto sonoro risulta perforante come una sonda e poggiato sul cloud di una creatività eterea ed auto-terapeutica, dove il sax s’intreccia alla vaporosa perifrasi di una chitarra in odor di Bill Frisell. «That Ancient Feeling», a firma Zennaro, vive e si sostanzia nel contrasto tra sax e chitarra, che poi, ad ogni buon conto, è lo schema di gioco prediletto dell’intero album. Così mentre Zennaro è quasi sempre progressivo ed ipnotico, nello specifico moderatamente retrò nell’apporto melodico, quanto meno vicino ad un’immediatezza pop-rock, Caliumi s’inerpica in alcune viscerali improvvisazioni di ornettiana memoria. «El gran cabrón» fa in modo che rock e jazz prendano le distanze, ricollocandosi in una dimensione altra non facilmente circoscrivibile, fatta di anfratti sonori accidentati e non consueti che oltrepassa la sintassi tipica di questo o quel genere specifico. «Sin leche» è un modello d’intesa a tre, in cui le parti sono ben divise ed il suono risulta meno sbilanciato in un senso o nell’altro: la confluenza emotiva e compositiva è quasi geometrica. «One for Nacho» si sostanzia come un post-bop scarno ed essenziale, vergato sul lineage ornettiano e contrassegnato da un ottimo lavoro del batterista sui cambi di passo e di mood. «El baile de los meñiques», scritta da Cocetti, si caratterizza per l’ottimo impianto ritmico avant-garde, un drumming secco e asciutto in piacevole contrasto con la narrazione del sax dal sapore ancestrale, non dissimile al tema di un’antica danza popolare. «Etere», firmata da Caliumi è una ballata mineraria e progressiva, quasi neo-futurista che emerge dal sottosuolo per esplodere nel tratto finale in un crescendo rapsodico. «No Ocean For Tonight» naviga in acque extra-territoriali con un assetto free-rock-jazz, talvolta irruento, per quanto caratterizzato da improvvise immersioni, risalite veloci e cambi di passo, in cui il sax si muove in maniera spiralica e sfuggente. In chiusura «Carajillo» che suggella l’album in maniera intima, quanto meno meditativa e sfumata, con tanto di speech sul finale, una sorta di monito a comprendere e condividere, musica ed emozioni. In sintesi, «Cortado» è un album geneticamente predisposto a dispensare ottime vibrazioni a chi vorrà ascoltarlo con attenzione e senza preconcetti di sorta.
