Per molti «Via G.T.» potrebbe essere un piacevole riascolto, arricchito dai valori aggiunti apportati dalla Nuova Red Records di Marco Pennisi, specie all’edizione in vinile; per tanti, quelli ignari della sua esistenza e dalla sua vita passata, sarà certamente un regalo inatteso.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Quando questo disco uscì per la prima volta venne definito come «un esempio convincente di hard bop italiano». Oggi a ragion veduta, dopo un attento riascolto, potremmo parlare di un post-bop progressivo, in cui Giovanni Tommaso e Danilo Rea tradiscono qualche fluorescenza fusion, almeno nella forma più che nella sostanza, specie in «Take The Money And…Spend it!», unico brano composto a quattro mani dai due vecchi sodali nel New Perigeo. Sulla carta si tratta di un disco di Giovanni Tommaso, autore oltretutto di tutte le tracce dell’album, ma in realtà siamo di fronte a un progetto ben congegnato legato ad una formazione acefala o, come preferiscono dire gli Americani, all-stars, soprattutto se si considera lo scenario jazzistico italiano dell’epoca; siamo comunque ben lontani, dal punto di vista sonoro, da album come «Abbiamo tutti un blues da piangere» del Perigeo.
Nello specifico, con «Via G.T.», Tommaso cercava di lasciarsi dietro le spalle la perentesi fusion – che aveva spesso accomunato il nome del Perigeo a quello dei Weather Report – per ritornare al jazz ortodosso e mainstream. Per contro, pur essendone il demiurgo, il contrabbassista toscano non fu l’unico ingranaggio importante di questo album. Il line-up poteva vantare una prima linea composta dal sassofonista contralto Massimo Urbani e da Paolo Fresu, astro nascente della tromba, nonché da una sezione ritmica stellare composta dal pianista Danilo Rea, dallo stesso Tommaso al contrabbasso e dal batterista Roberto Gatto. Gli interventi di ogni membro dell’ensemble sono memorabili: Rea dimostra di essere il cardine ed il centro propulsore del substrato armonico che distribuisce con disinvoltura alla medesima stregua di un inesauribile dispenser carico di note e di energia; dal canto suo, Tommaso funge da collettore e da collante caricandosi la retroguardia sulle spalle e mostrando di possedere una solida spina dorsale creativa, mentre Urbani e Fresu distillano assoli fulminei che ne avrebbero caratterizzato, anche in futuro, peculiarità e personalità esecutiva, dal canto suo, Roberto Gatto garantì un groove dinamico e brillante.
Registrato all’RCA Studio C di Roma, il 15 e il 18 aprile del 1986, con la produzione di Sergio Veschi e Alberto Alberti, l’album venne dato alle stampe in vinile dalla Red Records e successivamente riproposto in CD, suscitando notevoli clamori non solo in Italia. Negli USA, l’album ottenne recensioni lusinghiere ed il quintetto venne invitato ad esibirsi al Blue Note di New York. Riascoltando «Via G.T.» si rimane conquistati dalle straordinarie doti del leader in pectore che, all’epoca quarantacinquenne, aveva raggiunto un’evidente maturità artistica ed una distintiva capacità autorale siglando una serie di composizioni di elevato livello, le quali consentirono ai sodali di esprimersi sfoderando il meglio del loro repertorio esecutivo. I cinque musicisti furono l’epitome di una forma idiomatica sostanzialmente sorretta dalle singole capacità improvvisative radicate nella tradizione jazzistica. In particolare, quando il line-up varcò l’uscio dello studio romano aveva già esperito il sodalizio attraverso una lunga attività concertistica e molti dei pezzi contenuti nell’album erano stati ripetutamente provati dal vivo. Il fatto che Giovanni Tommaso volesse apporre il proprio brand sul progetto si evince dalla struttura delle composizioni, quasi tutte determinate da un’introduzione tematica dettata dal basso.
L’opener, «Meet You On The Way», è un format hard-post-bop espanso e modulare con numerosi passaggi e cambi di mood, introdotto dal basso, irrobustito dalla batteria di Roberto Gatto, contrassegnato da potenti contrafforti funkified sottolineati dall’inquieto sax di Urbani e addolcito a spazzi dal piano zampillante di Rea. «Formiche», ancora introdotto dal basso di Tommaso si dipana con un incedere felpato negli anfratti di una metropoli ideale, alla medesima stregua della colonna sonora di un film, in cui le dissolvenze incrociate vengono sottolineate da un tonico e giovanile Fresu in vena di dissonanze e da un Massimo urbani che sembra giungere a più miti consigli distillando un suono più lineare e descrittivo, amabilmente sostenuto dalla retroguardia. «Amore, Tujour, L’Amour» ha le sembianze di un costrutto avvolgente e crepuscolare, in cui Urbani mostra il suo lato più mite da perfetto balladeer, mentre un Fresu mutizzato tenta una clonazione in vitro di Miles Davis; dal canto suo Rea fornisce un comping discreto e minimale, con qualche rubato qua e là, tanto che, ad un certo punto, Urbani procede in solitudine a cappella. La già citata «Take The Money And… Spend It!», mostra un legame non del tutto dissolto con gli assunti basilari del Perigeo e se la gioca attraverso un intreccio sonoro fitto di funkiness, ma dall’incedere arioso ed itinerante, in cui i due fiati, spintonati dalla sezione ritmica, in special modo da un proattivo Gatto, si alternano in assolo o all’unisono. Anche «Femina Rufa», all’epoca classificato come un perfetto modulo hard bop, mostra una serie di evoluzioni idiomatiche, magnificate in particolare dal sax di Urbani che dimentica Charlie Parker e pensa molto di più con la testa di Coltrane o di Ornette. «No Day After. No!», uno dei due componimenti più lunghi dell’album, si srotola attraverso una costruzione armonica progressiva, lenta e serpeggiante, in cui ancora una volta Urbani evidenzia le proprie attitudini free form accompagnato dal basso ad arco di Tommaso, il quale fa di dissonanza virtù. In chiusura «Sixteen Blues» che si sostanzia come una piattaforma sonora più classica, alquanto collegiale, consentendo ai singoli di esprimersi liberamente senza perdere mai di vista il nucleo gravitazionale dell’idea. Per molti «Via G.T.» potrebbe essere un piacevole riascolto, arricchito dai valori aggiunti apportati dalla Nuova Red Records di Marco Pennisi, specie all’edizione in vinile; per tanti, quelli ignari della sua esistenza e dalla sua vita passata, sarà certamente un regalo inatteso.