Al netto di ogni pensiero laterale, effetto collaterale o filosofia surrettizia, «Watching The Ceiling» è un album concretamente jazz, il cui il classico idioma viene riformulato secondo le normative vigenti del jazz contemporaneo.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Come abbiamo più volte sottolineato nel jazz, il titolo dei vari componimenti o di un album esprime una serie di sensazioni e situazioni a volte congrue allo sviluppo melodico-armonico del costrutto sonoro, altre volte contrastante o comunque antitetico, se non totalmente aderente alle sensazioni percepite o estrinsecate dall’autore. Sovente, nella mente di quest’ultimo quel dato titolo dovrebbe essere o diventare una sorta apoftegma. È palese che un titolo come «Watching The Ceiling» di Tiziano Gialloreto non sia proprio un detto aforismatico, un proverbio e neppure una frase memorabile. Precisa il chitarrista abruzzese: «Questi pezzi mettono in musica ciò che le parole spesso non possono, e con loro creano un mosaico di ricordi che, sebbene personali, possono essere condivisi da coloro che sono disposti ad ascoltare». Per contro, l’album di Gialloreto offre molte suggestioni: quel «guardare il soffitto», rimanda immediatamente subito alla situazione descritta da Gino Paoli in quella nota canzone, lanciata da Mina negli anni Sessanta , «Il Cielo in una stanza». Nello specifico, per stessa ammissione del cantautore genovese, la situazione era abbastanza circostanziata ed il soffitto era dipinto di un blu-violaceo. In fondo, sarà capitato a chiunque di fissare il soffitto in una notte insonne e cercare un punto che indicasse la soluzione ad un problema o un contatto con la trascendenza. Dice Tiziano Gialloreto : «Di notte, la mente è un luogo vertiginoso, inarrestabile nella sua persistenza e nella sua e nella capacità di rimanere in uno stato cosciente. La notte è il momento in cui si svolge la maggior parte del mio processo di scrittura, mentre cerco di sostituire l’insonnia con il senso senso trasformandola in un momento creativo». In questa descrizione è contenuta l’essenza dell’intero concept sonoro del chitarrista teatino.
È pur vero che le parole sono come dei mattoni su cui si edificano muri altissimi, ma stiamo parlando un disco in cui il processo sensoriale audiotattile si sposta in una differente dimensione percettiva. Pubblicato dall’etichetta Alfa music, «Watching The Ceiling» è lavoro che attinge a vari momenti dell’evoluzione del jazz moderno, spaziando tra un incalzante post-bob, sospese atmosfere methenyane ed indulgenti reminiscenze wesmontgomeriane, attraverso un efficientissimo dialogo tra chitarra e sassofono, a cui il contrabbasso fa da indicatore di marcia. La tradizione è sullo sfondo come un scenografia teatrale ma funge solo da condizionamento subliminale. Per il resto, le personalita del band-leader e dei singoli sidemen appaiono alquanto sagomate ed evidenti. Tiziano Gialloreto chitarra, Perteris Anceverins sax tenore, Klavs Abols piano, Luca Bulgarelli contrabbasso, Simone Sulpizio basso elettrico e Michele Santoleri batteria si elevano sulla moltitudine attraverso sei composizioni, tutta farina del sacco di Gialloreto, il quale esprime un’ottima indole compositiva basata su una conoscenza completa del vernacolo jazzistico. Scrive il chitarrista nelle note di copertina: «Le esperienze di vita sono come blocchi di marmo grezzo che ognuno di noi custodisce dentro di sé. Quando arriva il momento, scolpisco le mie esperienze proiettando su di esse un flusso di pensieri ed emozioni. Questi sei brani sono il risultato di questo processo di scultura. Ritraggono uno spazio emotivo che a volte ti mette a tuo agio e a volte ha il potere di sopraffarti». L’unica critica che si potrebbe muovere è l’esigua durata dell’album: poco più di trentasei minuti, tanto da far pensare agli anni ’50, quando il vinile e le tecnologie dell’epoca non consentivano di oltrepassare un certo minutaggio.
L’album si apre con «Peteris Blues», un componimento insanguato di blues dai contrafforti soulful, ispisrato dal sassofonista ospite del line-up, in cui è proprio il sax di Perteris Anceverins a dare man forte all’idea costruttiva del band-leader, il quale trapunta con le sue corde il flusso tematico, forte dell’immancabile sostegno della retroguardia ritmica. La title-track, «Watching The Ceiling», introdotta dal basso, è il frutto maturo di una notte travagliata ed insonne che sfocia in un meditabondo costrutto in minore ricco di intimismo, in cui sax e chitarra si scambiano gli anelli, mentre il piano fa da spartiacque e da collante. «Tallinn Spring», sospinta da un batteria quasi marciante, disegna paesaggi urbani e umori mutevoli, come le le stagioni che si susseguono o la notte che lascia il posto al giorno. Protagonista assoluto sempre il sax tenore che traccia scenari surreali e sinistri presagi tra gli anfratti di una metropoli con un incedere quasi filmico, a cui il piano sembra illuminare la strada. «Blue Window» si dipana e si scioglie in un’ambientazione nordica, fatta di cromatismi molteplici e variazioni tematiche tracciate su carta filigranata da un piacevole afflato fra basso e chitarra. «Portrait N1» è una ballata progressiva ed increscendo, distesa, vibrante e documentaristica, perfetta vetrina espositive per la chitarra di Gialloreto che diventa l’io narrante, replicato dal sax e sorretto da una sinergica retroguardia ritmica che non lascia aria ferma. «Maja» è un perfetto morganatico tra basso e chitarra, almeno nella parte inziale. Ce n’è comunque per tutti. L’arrangiamento a maglie larghe lo consente, così ognuno dei sodali si ritaglia un pezzettino di gloria ad imperitura memoria. Al netto di ogni pensiero laterale, effetto collaterale o filosofia surrettizia, «Watching The Ceiling» è un album concretamente jazz, il cui il classico idioma viene riformulato secondo le normative vigenti del jazz contemporaneo.