«Dinamo» è la risultante di una complessa e variegata trama narrativa, proiettata in una dimensione contemporanea nella forma e nella sostanza, forte di innesti culturali molteplici tutt’altro che geolacalizzati.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Ci sono artisti dotati di un dinamismo creativo sospinti da una naturale ecletticità che li porta ad implementare costantemente il proprio mutatis mutandis alimentandosi dei luoghi, delle frequentazioni e delle esperienze musicali che si susseguono di volta in volta nella loro vita. Pippi Dimonte, bassista e contrabbassista, non sfugge a questa categorizzazione. Nei precedenti lavori, il musicista-compositore lucano ha attraversato quasi tutte le formule espressive imparentate con il jazz: dal la fusion rock al funk, dal jazz mediterraneo alle influenze afro-orientali, dal mainstream al jazz nord-europeo. Più recentemente, Dimonte ha bazzicato gli ambienti gipsy suonando con importanti musicisti legati allo stile manouche quali Stochelo Rosenberg, Tchavolo Schmitt, Jimmy Rosenberg, Lollo Meier, Adrien Moignard, Sebastien Giniaux, Antoine Boyer, Brady Winterstein, Adrien Marco, Tolga During ed altri, tanto che il nuovo album «Dinamo, pur collocato in una cornice di assoluta originalità, si nutre di quelle sonorità gipsy, universalizzate dal genio di Django Rehinardt e che sposano alla perfezione il jazz e lo swing.
In questo nuovo viaggio, che esplora mondi vicini e lontani, i compagni di cordata di Pippi Dimonte sono Roberto Beneventi all’accordion, Francesco Giacalone al clarinetto, Giangiacomo Rosso alla chitarra, Emiliano Alessandrini al pandejro (nei brani 1, 4, 6) e Giulia Meci (voce nella traccia 8). Sospinto dai demoni creativi, il contrabbassista di Bernalda ha distillato nove composizioni ad hoc che descrivono alla perfezione trame sonore a volte dai colori pastello che sembrano provenire dalla sua terra d’origine, altre dalle tinte accese ed esotiche che puntano verso i quattro punti cardinali della musica. Dimonte riesce a dosare con precisione millimetrica e mercuriale moduli armonici ed ingredienti melodici di differente caratura e consistenza, calandoli in un habitat musicale dal sapore antico, mai stantio retrodatato, e dalle ambientazioni acustiche, mai eccessive e debordanti. «Dinamo» è la risultante di una complessa e variegata intelaiatura narrativa, proiettata in una dimensione contemporanea nella forma e nella sostanza, forte di innesti culturali molteplici e tutt’altro che geo-localizzati. Si potrebbe affermare che il concept di Pippi Dimonte sia un film avvolto in una cornice d’altri tempi ma girato con tecniche moderne, in cui i protagonisti descrivono scenari cangianti che si susseguono rapidamente, così come i cinque musicisti si esprimono attraverso un’improvvisazione cinetica e cinematica al contempo, pur mantenendo un’aura distante, sospesa e quasi lontana e romanzesca. Nell’album non manca l’elogio all’artista nomade, tra musiche gitane e tradizionali, che sembrano catalizzare i profumi, i sapori e gli odori di una Basilicata ricca di storia e di storie o di un qualsiasi Sud del mondo, dove l’allegria e la convivialità di una festa popolare richiamano i ritmi trascinanti di una danza gitana.
L’album si apre con «Yorakàl», un ponte fra Turchia e Europa, in cui il line-up mescola essenze orientali ad elementi mediterranei. «Krusco Swing» è un variegato swing rafforzato dai sapori decisi di un Lucania dalle ataviche usanze. «Rosa Maria», dedicata alla nonna del contrabbassista, innesta un suadente ballata gipsy in un delicato substrato latino. «Arbereshe» punta il naso ad Est con una progressione balcanica arabescata, che introduce un metodo esecutivo non comune: il contrabbasso, per l’intero svolgimento della composizione, suona all’unisono insieme a tutti gli altri strumenti fungendo contestualmente da retroguardia ritmica insieme al pandejro. «Donnafugata» è un valzer mousette dal sapore retro e gattopardesco, che fa pensare ad una festa al palazzo del Principe di Salina o ad una passeggiata romantica sugli Champs Elysées. Il viaggio sonoro di Pippi Dimonte è una continua fuga mentale e sonora lungo le strade di mondi vissuti ed immaginari, dall’uno all’altro emisfero, caratterizzata da improvvisi ritorni alle origini. «Daniel Porque Chora?» si snoda tra incontenibili ritmi ispanico-latini e suggestioni mediterranee, mentre « Ribeira» si placa in una struggente e soffusa patina di bossa nova ricca di cromatismi. A questo punto «Kroke un klezmer» vive delle mille suggestioni nate durante un soggiorno a Cracovia ed una visita al Museo della Galicja nello storico quartiere ebraico di Kazimierz. In conclusione, quale suggello dell’album, un ritorno alle origini precipitando nei luoghi dell’infanzia: «Caprarizza» località ricorrente nei racconti del nonno viene rappresentata attraverso una rutilante struttura blues-swing. Registrato allo studio JambonaLab di Livorno e locupletato dall’art-work di Mirko Della Monica, «Dinamo» di Pippi Dimonte è un disco «green» non inquinante, intrigante come un’antica novella e trascinante come una danza popolare gitana ma capace di tenere insieme tradizione e modernità, ricordi e aspirazioni, sogni e realtà.