// di Francesco Cataldo Verrina //
Trovandovi ad eventi, manifestazioni, club o differenti location (matrimonio o altra cerimonia), anziché nel solito piano bar liofilizzato a base di canzoncine da airplay radiofonico, vi potrà capitare di imbattervi in un vero gruppo di artisti che, in una dimensione prettamente acustica, due chitarre ed un pesante contrabbasso, intrattengono gli invitati o il pubblico con una miscela di jazz manouche, magnificato da un cantante che, con un aplomb da perfetto crooner d’altri tempi, riesce a trasportare le atmosfere canore di «The Voice» ed il tipico mood swing in una suggestiva ambientazione che rimanda al jazz di Django Reinhardt. Sono i Sinatra In Manouche, un quartetto di sole corde nato a Perugia nel 2019 e che vede come protagonisti Matteo Costarelli (in arte Schifanoia) alla voce, Lorenzo Capolsini e Matteo Parretta alle chitarre manouche e Lucio Esposito al contrabbasso. Abbiamo chiesto al chitarrista Lorenzo Capolsini di raccontarci la genesi di questo singolare ensemble.
D. Ciao Lorenzo, ci racconti intanto come nasce l’idea di Sinatra In Manuche?
R. Ciao Francesco, intanto grazie per lo spazio che ci dedichi. Il gruppo Sinatra in manouche nasce dalla passione di quattro musicisti per il genere gipsy manouche e per i crooners Italo Americani. Precedentemente alla nascita del gruppo Sinatra in manouche avevo iniziato con altri musicisti a proporre arrangiamenti di standard jazz con la pompe monuche tipica ritmica che caratterizza il genere gipsy. Da una telefonata ricevuta da Matteo Costarelli (voce dei Sinatra in manouche) è nata la proposta di arrangiare in chiave manouche i più celebri brani del repertorio dei crooners Italo-americani. Con l’unione di Lucio Esposito al contrabbasso e Matteo Parretta alla chitarra manouche ha preso forma il quartetto Sinatra in Manouche. Sono molto lusingato di poter suonare con musicisti di questo spessore, tutti sfornati dal conservatorio di Perugia: Matteo Parretta diplomato in chitarra classica e chitarra jazz, Matteo Costarelli in canto Jazz e Lucio Esposito in contrabbasso classico. Siamo persone che vivono di musica, io sono un musicoterapeuta e mi dedico all’utilizzo della musica a scopo relazionale in diversi contesti sanitari.
D. Il fatto che avete scelto di combinare le atmosfere quasi gitane di Django Reinhardt con il swing dei crooner italiani e stranieri ha un legame con il vostro background musicale, oppure è stato semplicemente un lampo di genio?
R. Come ho accennato precedentemente tutti noi stavamo già da anni approfondendo singolarmente lo stile gipsy manouche. Quindi si, c’è un forte legame con il nostro background musicale. Personalmente ho approfondito lo studio dello stile gypsy anche grazie al Django festival di Pennabilli partecipando ai seminari di grandi musicisti del genere come Maurizio Geri, Gismo Graf, Antoine Boyer, Simone Guiducci etc. Sono stato anche al bellissimo Django à Liberchies un festival gipsy jazz che si svolge ogni maggio a Liberchies in Belgio, città natale di Django Reinhardt. A maggio del 2022 sono tornato a Bruxelles, con i Sinastra Manouche questa volta, per suonare in un club jazz nel centro della città (the music village).. posso dire che per me è stata la chiusura di una gestalt.
D. Quando vi siete proposti al pubblico, specie quello delle cerimonie, matrimoni et similia, non avete temuto per un attimo che la vostra scoppiettante miscela di sonorità dal gusto retrò, avrebbe potuto spaventare degli avventori solitamente abituati ad un blando karaoke o ad un banale piano bar. Credo che ci sai stato anche il gusto della sfida?
D. Come Sinatra in Manouche abbiamo la necessità, direi viscerale, di suonare il più possibile, senza porre limitazioni alle potenzialità della band. Per noi è stata una bella sorpresa quando, alcune coppie di sposi, ci hanno richiesto per allietare il giorno delle loro nozze. Certamente il cocktail musicale che proponiamo ha delle vene estremamente romantiche e al tempo stesso liriche. L’armonia del repertorio manouche è emotivamente molto espressiva, l’unione con il canto ha fatto il resto. Mi fa molto piacere sapere che ci sono persone che preferiscono al «blando karaoke o ad un banale piano bar» una musica suonata dal vivo, senza fronzoli, basata sull’improvvisazione, quindi direi ogni volta differente.
D. Avendo avuto modo di ascoltarvi, ho notato che c’è una perfetta combinazione canora, spesso provenienti dal repertorio melodico, ma traslate nel linguaggio manouche o rielaborate su un ritmo swing. Come avviene la scelta del repertorio, in base alle reazioni del pubblico, o avete una vostra formula propositiva ben precisa?
R. Il repertorio canoro è stato curato dal cantante del gruppo, chiaramente ogni brano è stato poi arrangiato per raggiungere quelle sonorità tipiche del gipsy manouche. Gli arrangiamenti vengono curati da Lucio Esposito, Matteo Parretta e da me. Sempre noi strumentisti poi lavoriamo sulla parte dei brani del repertorio manouche. Assistendo ad un nostro concerto noterete una amalgama di brani cantati e brani strumentali. Nel tempo, con l’esperienza, abbiamo strutturato diverse possibili scalette che possiamo proporre in relazione al contesto in cui ci troviamo e alle risposte che riceviamo dal pubblico.
D. Durante il vostro live-show, quanto c’è, diciamo, d’improvvisazione jazzistica, ad esempio vi divertite ad allungare i pezzi o a stravolgerli nella struttura armonica?
R. Assolutamente si, diamo molto spazio all’improvvisazione, più che jazzistica direi manouche, cercando di stare attenti nell’essere coerenti con il nostro nome e con il repertorio che proponiamo. Direi che l’essenza del progetto è proprio nella parte improvvisativa che rende i brani sempre nuovi e in sinergia con il pubblico.
D. State pensando di pubblicare qualcosa, magari componendo degli inediti sulla falsa riga del vostro repertorio?
R. Ci stiamo pensando, sarebbe molto bello poter uscire con dei brani inediti, anche uscendo dallo stile del nostro repertorio. In futuro vedremo se ci sarà la possibilità…come si dice: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»… sicuramente anche noi, Sinatra in Manouche, andremo incontro alle naturali trasformazioni del tempo.