Massimo Urbani

Il legame con l’attività di promozione jazzistica dello Stix Music Club, che si estrinseca attraverso iniziative molteplici spalmate lungo tutto l’anno solare, unisce le dinamiche culturali e le finalità di MUJIC e del PREMIO PERUGIA, rivalutando l’antica compliance fra Massimo Urbani e Alberto Alberti, il quale fu, per lungo tempo, discografico e produttore del contraltista romano.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Morire a 35 anni lasciando un vuoto profondo ma, al contempo diventando un leggenda. Si proprio 35 anni, quel dato anagrafico che per un insolito e beffardo gioco del fato, lega ancor di più Massimo Urbani al suo idolo Charlie Parker, cui lo accomunava, al netto della distanza geo-spazio-temporale, una vita vissuta ad alta velocità, lungo la quale il sax agiva da catalizzatore della rabbia e del disagio interiore che non sempre trovava nella musica il suo break-even-point, una panacea, un punto di pareggio o un pieno appagamento, mentre altri demoni ne prendevano il posto, alimentati da alcool e droghe. L’approccio al jazz dell’altoista romano fu precoce e naturale, quasi istintivo. Si pensi che aveva 17 anni quando diede alle stampe «Jazz a Confronto». Il dato anagrafico contrastava con la tecnica e la padronanza che egli aveva dello strumento, essendo quelle di un musicista maturo e consapevole dei propri mezzi. Urbani ha sempre fatto ricorso ad un linguaggio libero, versatile, immaginifico rielaborando tutto ciò che aveva assimilato in maniera non convenzionale e tutt’altro che calligrafica o manieristica, ma soprattutto maneggiando lo strumento come pochi altri nella storia mondiale del sax contralto, quasi fosse un’estensione della sua personalità. Massimo appariva come trascinato da una forza mistica e sovrannaturale, sviluppando durante le sue performance una sorta di aura trascendentale non dissimile da quella che scaturiva dalle esibizioni di Trane. Così la vita e le gesta di Massimo Urbani, l’unico jazzista italiano dotato di una carica mitopoietica non dissimile a quelle di taluni eroi maudit del bebop americano, diventano un misto di storia e leggenda, un libro romanzato ridotto in pièce teatrale dalla stessa autrice Paola Musa, che diviene a sua volta un prezioso documento storico, per quanto il plot narrativo sia arricchito da suggestioni letterarie, ma sempre attinenti alla cronaca reale ed al vissuto quotidiano dell’uomo-musicista Urbani.

Sabato 6 luglio 2024, lo Stix Music Club di Perugia ospita una serata commemorativa dedicata al sassofonista romano con il suggestivo titolo di «Max, go back to Perugia!», un esortazione, un desiderio mai assopito di poter vedere campeggiare idealmente nella città del Grifo la figura di Massimo Urbani. Come diceva Franco Califano – credo l’abbia fatto scrivere sulla sua tomba- «Non escludo il ritorno!». È probabile che lo spirito inquieto di Urbani si sia già reincarnato in qualche giovane sassofonista in erba; magari lo farà a breve. Al netto di ogni suggestione, la figura del sassofonista laziale si lega perfettamente al ricordo di Alberto Alberti, di cui la vanità personale di numerosi sacerdoti dell’irriconoscenza, almeno in Umbria, avevano cercato di occultare la memoria nascondendone «il cadavere» nell’armadio della loro mediocrità umana ed artistica. Così «Max, go back to Perugia!», l’evento promosso dalla Stix Music School in ambito educational, in collaborazione con l’associazione no-profit MUJIC (Monterosi per Urbani Jazz Informazione e Cultura), ricade nell’ambito delle audizioni in presenza del «Premio Perugia, Alberto Alberto per il Jazz», contest di alto livello qualitativo che ha già avuto una risonanza europea (quattro dei partecipanti vengono dall’estero).

Come accennato, l’evento nasce dal racconto musicale di Paola Musa, «Go Max Go», edito da Arkadia/Narrativa, quale biografia romanzata del sassofonista, sviluppandosi in forma multi-disciplinare: dal libro al successivo spettacolo teatral-musicale «Go Max Go: una vita appesa a un feeling», distribuito anche in DVD, intorno a cui sono state promosse numerose iniziative, come informa Luca Marino, motore mobile dell’Associazione MUJIC con sede a Monterosi, nel cui cimitero riposano le spoglie di Max: «MUJIC intende promuovere la «cultura del jazz» ma più in generale la musica e altre forme artistiche, non solo nell’ambito della cittadina nella provincia di Viterbo ma in tutto il contesto della capitale (in cui è ancora molto vivo il passaggio di questo grande artista) e in tutto il territorio italiano». Il legame con l’attività di promozione jazzistica dello Stix Music Club, che si estrinseca attraverso iniziative molteplici spalmate lungo tutto l’anno solare, unisce le dinamiche culturali e le finalità di MUJIC e del PREMIO PERUGIA, rivalutando l’antica compliance fra Massimo Urbani e Alberto Alberti, il quale fu, per lungo tempo, discografico e produttore con la sua Red Records del contraltista romano. Due anime simili, poiché attenti estimatori e profondi conoscitori del jazz afro-americano, ma soprattutto ambedue intolleranti al glutine della banalità ed insofferenti alle regole, nonché ai legacci burocratici: amanti sinceri dell’arte.

La serata di sabato 6 luglio, allo Stix Music Club, prevede l’inizio alle 21.30 delle audizioni per il «Premio Perugia, Alberto Alberti per Jazz», con i Two For Lenny, quindi alle ore 22.00 proiezione del film teatrale «Go Max Go: una vita appesa a un feeling» con la voce narrante e la regia di Andrea Tidona e gli interventi musicali di Maurizio Urbani al sax, Dario Rosciglione al contrabbasso e Bruce Ditmas alla batteria. A seguire: ospiti, divagazioni musicali sul tema e dibattito.