// di Gina Ambrosi //

A volte si potrebbe pensare alla costruzione di un disco come a un progetto cinematografico. Giocando di fantasia abbiamo inteso strutturare la genesi di «Point of Convergency», ossia quella che potrebbe essere una normale recensione, in maniera differente, dato che viviamo nell’epoca del Web 4.0, dove i linguaggi e gli stili si moltiplicano e si sovrappongono.

ANTEFATTO:

Tre musicisti, tre animi diversi, tre spiriti liberi incrociano il loro viaggio quasi per caso, come tre linee che dall’ignoto dell’infinito s’intersecate in unico punto, «il punto di convergenza», punto dal quale si dipanerà la loro musica. Ognuno dei tre musicisti è consapevole che porterà all’interno del disco il proprio bagaglio musicale e culturale, spesso in conflitto. Come i vertici di un triangolo che convergono in un unico punto centrale, i tre sodali hanno riversano nei brani alcune delle loro maggiori influenze sonore e sprazzi di vita vissuta. Nasce così il Nugara Trio.

LA TRAMA DEL DISCO

Il Nugara Trio con «Point Of Convergency» gioca essenzialmente sul concetto di circolarità che si chiude e si completa grazie alle affinità elettive fra i tre strumenti che sono di base ritmici e percussivi. Così Francesco Negri, Viden Spassov e Francesco Parsi riescono a dominare piano, contrabbasso e batteria, trovando quel punto nevralgico in cui essi si amalgamo e dove i demoni creativi sono contemporaneamente buio e luce, mentre la sensibilità musicale diventa estro gentile e forza esecutiva al contempo. Uno di punti di forza dell’album è proprio la mancanza di un pianismo dominante che metta all’angolo gli altri due strumenti; per contro il ribaltamento dei ruoli, nel rispetto degli equilibri compositivi, è ciò che rende vivo e brillante «Point Of Convergency». Il modulo pianistico di Francesco Negri è infatti caldo e avvolgente, ricco di pathos, poesia e fantasia, equilibrato nella sottolineatura dei silenzi e delle frasi improvvisative, con qualche linea di febbre di derivazione eurodotta che non cozza mai con gli accenti della tradizioni afro-americana e con le infiltrazioni folk, world music, pop o rock, abilmente centrifugate in un ingranaggio jazz scorrevole ed oleato. Il contrabbasso di Viden Spassov si staglia regolarmente con un suono corposo e vibrante sia sugli armonici che nel drive, cosi come le accentazioni e le figurazioni ritmiche del batterista, Francesco Parsi, garantiscono al trio un’eloquenza ed un vivacità di stampo contemporaneo.

L’inserimento della violinista, Anais Drago, in due composizioni, «The Dream of the Old Man» e « Poem For The Sunrise» sviluppa un’aura di sospensione e di bilocazione all’interno del costrutto sonoro, ne fortifica l’eclettismo espressivo, attraverso quel concetto di autonomia divergente del singolo musicista, il quale opera ad lib in piena libertà, per poi giungere al fatidico punto di convergenza. Il costrutto sonoro è fatto di accenni, di crescendi e di pacate movenze di scacchistica precisione ma in un costante contrasto fra cambi di mood, ora taglienti ora più sfumati e rarefatti: basta ascoltare l’opener, «Winter Is Not As It Used To Be» che si apre sulle ali di una melodia quasi conciliante per poi involarsi su un ritmo fatto di impeto e passione, fino a cedere il passo a «Cosmic Blues» adagiato su comodi cuscini della tradizione e foriero di atmosfera sognante e sospesa. «Kenny’s Present» è un pacco regalo spedito all’indirizzo del maestro Kenny Barron, in cui il pianoforte di Nigro zampilla di creatività, mentre basso e batteria sono giubilanti come in un giorno di festa: il trasferimento della sensazione è perfettamente riuscito.

L’album scorre veloce grazie ad una geometrica struttura dove tutto è connesso all’idea di partenza, mentre l’alternanza degli umori e degli stati d’animo fa da riflesso ad una realtà quotidiana intrisa di contraddizioni, così «Falling and Rising» lancia una serie di flash chiaroscurali, fatti di sfumature cromatiche e macchie di colore quasi da action-painting. «Ancestral Call», pur evitando cervellotiche devianze o sperimentalismi a buon mercato, si dirige verso altre fonti d’ispirazione dal vago sapore retrò, attraverso un jazz diluito e meticcio che intreccia armonie modali e progressioni rock. Il triunvirato ingloba ed esplora una gran varietà di codici espressivi, mantenendoli nel medesimo recinto e «Worlds Collide» ne diventa l’epitome configurandosi sulla ruota di un ampio ventaglio estetico, abbracciando, metabolizzando e rielaborando sagome sonore stilisticamente polimorfiche, dove le note sono scandite con la massima nitidezza, tanto da produrre un effetto assai suggestivo. Nel complesso, «Point Of Convergency», pubblicato dalla GleAM Records, fissa le regole d’ingaggio di un lavoro paritetico che travalica il virtuosismo pianistico di maniera deviando il flusso spazio-temporale dell’esecuzione e sedando ogni tentativo euristico di scontata classificazione del rapporto a tre nell’ambito del jazz contemporaneo.

EPILOGO

In conclusione ci affidiamo alle parole succinte ma esaustive parole del pianista Dado Moroni: «Atmosfere estremamente ben connesse con eleganza e gusto che riescono a mettere in bella evidenza le personalità e la conoscenza dei molteplici linguaggi musicali di Francesco Negri, di Viden Spassov e di Francesco V. Parsi. Questo è già un Trio con la T maiuscola e con ancora ampissimi margini di crescita. Bravi!»