…un disco ben suonato, dove ogni tassello sembra incastrarsi alla perfezione, pur non aderendo ai precetti tipici dell’orchestrazione accademica o jazzistica, mentre la libertà di disporre, trasporre, anteporre, posporre, ed anche dissacrare, sembra la vera arma vincente di Spano e soci.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Un album di Francesco Guccini aveva per titolo «Fra la Via Emilia e il West», nel caso della Rural Electrification Orchestra si potrebbe dire «Fra la Sardegna e il Far West). L’isola dei Nuraghi, oltre ad una lunga storia che si perde nella notte dei tempi, possiede luoghi e scorci panoramici, specie nella parte interna, che ricordano l’America. A pensarci bene la Sardegna è l’una regione europea in cui è possibile vedere ancora cavalli selvaggi al galoppo per i pianori. Non è difficile, dunque, che dalla viscere della terra emergano suoni che abbiano un’attinenza con il jazz, il funk, il country-rock, la fusion, il latin tinge, lo swing ed il rhythm & blues, dove musicisti e compositori sembrano ricevere impulsi provenienti dai quattro punti cardinali della musica, mentre universi remoti ed immaginifici si sovrappongono a stimoli sonori esalati dalla terra natia.

Al netto di ogni suggestione, «Don’t Try This At Home» della Rural Electrification Orchestra, pubblicato da Claire De Lune, è un progetto di Massimo Spano, legato ad un gruppo non convenzionale di undici elementi. Un’ottima «prova d’orchestra» in cui Spano e compagni hanno avuto il garbo e l’intelligenza di ricalcare i modelli del passato, creando qualcosa di unico che, nel suo insieme, da pochi punti di riferimento. Per paradosso, si potrebbe pensare alla Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin o gli Art Ensemble Of Chicago, ma solo per una sorta di coralità etnica che va oltre ogni accademismo formale da big band. Del resto, nei vari progetti di Spano non c’è mai il corteggiamento di particolari ideologie o la pesantezza di un qualsiasi tipo di gravame intellettualoide; piuttosto si assiste a un divertimento collettivo, che si riflette sistematicamente sugli ascoltatori a qualsiasi livello. L’attuale compagine della Rural Electrification Orchestra vede come protagonisti Massimo Spano (contrabbasso), Matteo Marongiu (contrabbasso), Dario Zara (tromba), Adriano Sarais (tromba) Maurizio Floris (sax contralto /flauto), Andrea Morelli (sax tenore), Matteo Floris (trombone), Francesco Sangiovanni (sax baritono) Maurizio Marzu (chitarra elettrica), Roberto Migoni (batteria /percussioni /vibrafono), Willyboy Taxi (Armonica, traccia 1).

Spano oltre a condurre l’ensemble, ha curato gli arrangiamenti, ma soprattutto le sette composizioni contenute nel disco sono tutta farina del suo sacco. L’opener «Newville (Biddanoa» è un succulento rock-blues screziato da innesti quasi bandistici e da umori country and western. A seguire «Bolero» che, con un movimento affettato ed intrigante dall’aura ispanica, tenta di risvegliare atmosfere d’altri tempi, calandosi, ipoteticamente, in un fumoso e caliginoso locale affollato da personaggi impomatati e donne fatali, con i fiati che se la giocano sul filo di una strisciante ironia. «Stacco la spina», introdotta da un vibrafono cadenzato e circospetto, disegna un habitat quasi ellingtoniano, adatto ad un contesto narrativo di tipo cinematografico. «Caldo spaziale (Appeso ad un scala)» è la riuscita rappresentazione di un’orchestra più impostata ed accademica con i suoi crescendi quasi drammatizzati. «Liberation (To C.H.)» è un altro flusso orchestrale ben ripartito, che ricorda molto lo spirito di talune filarmoniche ricche di talenti. «Autovelox», si sostanzia come una perfetta cuspide sul crinale di un free form «partiturizzato» che non perde mai la propria struttura razionale, mentre i vari strumentisti evitano accuratamente di smarrire la coerenza relazionale. «Rocky» apre alla mente ampi scenari filmici, tra azione e movimento con una travolgente incursione jazz-funk, in cui gli ottoni e le ance raggiungono il climax con una sentita partecipazione collegiale. Fuor di metafora, nella Rural Electrification Orchestra, non c’è anarchia, ma libertà consapevole di scelta e di proposta. «Don’t Try This At Home» è un disco ben suonato, dove ogni tassello sembra incastrarsi alla perfezione, pur non aderendo ai precetti tipici dell’orchestrazione accademica o jazzistica, mentre il desiderio di disporre, trasporre, anteporre, posporre, ed anche un po’ dissacrare, sembra la vera arma vincente di Massimo Spano e soci. Già il titolo che in italiano suona più o meno così, «Non provate a farlo a casa», la dice lunga.

Rural Electrification Orchestra

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